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Cassazione Civile: nullità del contratto d'ufficio su domanda adempimento o risoluzione

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Ordinanza interlocutoria 28 novembre 2011, n. 25151
 

Cassazione Lavoro: no alla responsabilità automatica del committente per infortunio lavoratore

Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 30 gennaio 2012, n. 3563
 

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09-10-2011

Cassazione Civile: cessione di quote societarie e divieto di concorrenza

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 23 settembre 2011, n.19430

 

da www.filodiritto.it 

 

La Corte di Cassazione, confermando la sentenza dei giudici della Corte di appello di Venezia, ha escluso il diritto al risarcimento dei danni del socio ricorrente per la (presunta) violazione del divieto di concorrenza di cui all'articolo 2557, primo comma, Codice Civile non riconoscendo nell'acquisto di una quota societaria (40%) da parte del ricorrente il trasferimento dell'avviamento societario.

A norma dell'articolo 2557 in materia di divieto di concorrenza: 1. Chi aliena l'azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall'iniziare una nuova impresa che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta. 2. Il patto di astenersi dalla concorrenza in limiti più ampi di quelli previsti dal comma precedente è valido, purché non impedisca ogni attività professionale dell'alienante. Esso non può eccedere la durata di cinque anni dal trasferimento. 3. Se nel patto è indicata una durata maggiore o la durata non è stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque anni dal trasferimento. 4. Nel caso di usufrutto o di affitto dell'azienda il divieto di concorrenza disposto dal primo comma vale nei confronti del proprietario o del locatore per la durata dell'usufrutto o dell'affitto. 5. Le disposizioni di questo articolo si applicano alle aziende agricole solo per le attività ad esse connesse, quando rispetto a queste sia possibile uno sviamento di clientela.

La decisione si allinea alla giurisprudenza di legittimità in tema di divieto di concorrenza, per la quale è ormai pacifico ritenere che "la disposizione contenuta nell'articolo 2557 cod. civ. ... non ha il carattere dell'eccezionalità, in quanto con essa il legislatore non ha posto una norma derogativa del principio di libera concorrenza, ma ha inteso disciplinare nel modo più congruo la portata di quegli effetti connaturali al rapporto contrattuale posto in essere dalle parti.

Pertanto, non è esclusa l'estensione analogica del citato art. 2557 cod. civ. all'ipotesi di cessione di quote di partecipazione in una società di capitali, ove il giudice di merito ... accerti che tale cessione abbia realizzato un "caso simile" all'alienazione d'azienda, producendo sostanzialmente la sostituzione di un soggetto ad un altro nell'azienda (cfr. Cass. civ., I sezione n. 27505)".

Nel caso di specie, l'accertamento svolto dai giudici di merito e dalla Cassazione non ha condotto all'applicazione analogica del citato articolo, in quanto è stata esclusa (i) l'equivalenza fra cessione della quota del 40% e l'alienazione dell'intera azienda e (ii) la sostituzione dell'imprenditore cessionario a quello societario.

La Corte, respingendo il ricorso, ha dichiarato la sentenza impugnata conforme ai criteri interpretativi fissati dalla giurisprudenza di legittimità.


Cassazione SU Civili: foro competente per diffamazione via TV e internet

 

da http://www.filodiritto.com/

 

Le Sezioni Unite si sono espresse sul problema dell'individuazione del giudice del luogo ove è sorta l'obbligazione risarcitoria, competente ai sensi dell'articolo 20 codice procedura civile in relazione alle domande dirette a far valere la lesione dei diritti della personalità mediante l'uso di mezzi di comunicazione di massa, stabilendo che "nell'ordinamento (nel quale accanto alle norme di provenienza nazionale coesistono norme provenienti da fonti normative o negoziali internazionali) appare essere contenuto un principio generale che, in caso di squilibrio delle posizioni sostanziali delle parti, utilizza il foro del danneggiato o, comunque, della parte debole, come misura riequilibratrice e pertanto autorizza l'interprete, nel caso dubbio a preferire analoga soluzione".

In sostanza, secondo le sezioni unite, "con riferimento all'ipotesi oggetto del presente ricorso (lesione di diritti della personalità per mezzo di trasmissione televisiva), ma sulla base di argomentazioni che rendono il principio estensibile alla competenza su tutte le domande di risarcimento dei danni derivanti da pregiudizi dei diritti della personalità recati da mezzi di comunicazione di massa, che la competenza in tali casi debba essere del giudice del luogo di domicilio (o della sede della persona giuridica) o, in caso sia diverso, anche del giudice della residenza del danneggiato".

Vediamo i passaggi fondamentali della parte motiva della sentenza:

- "nell'ambito delle lesioni dei diritti della persona, costituzionalmente garantiti, alla concezione del danno risarcibile come danno-evento, consistente nella lesione in sé del valore costituzionalmente garantito (in tale senso Corte Cost. n. 184/1986 sul danno alla salute) si è sostituita quella di danno-conseguenza nella quale il risarcimento ha ad oggetto il pregiudizio, anche di natura non patrimoniale, conseguente alla lesione (in tal senso v. anche Corte Cost. n. 233/2003). Ne deriva che, a differenza da quanto ritenuto dall'orientamento più risalente, l'obbligazione risarcitoria non nasce nel momento e nel luogo in cui si verifichi un fatto potenzialmente idoneo a provocare un danno, ma solo nel momento e nel luogo in cui il danno risarcibile si verifica effettivamente";

- "rispetto alla televisione e a internet (così come alla messa in rete delle note di agenzie giornalistiche), media che diffondono le notizie e i giudizi "a raggiera" e, sostanzialmente, in modo contestuale, non può quindi operare la presunzione di priorità temporale della pubblicità della notizia che si verifica nel luogo di stampa, e si pone, come si è effettivamente posta prioritariamente nell'esperienza giurisprudenziale, l'esigenza di identificare un unico luogo certo nel quale si verifichi il pregiudizio effettivo. Tale luogo è certamente quello in cui il danneggiato aveva il domicilio al momento della diffusione della notizia o del giudizio lesivi, perché la lesione della reputazione e degli altri beni della persona è correlata all'ambiente economico e sociale nel quale la persona vive e opera e costruisce la sua immagine, e quindi "svolge la sua personalità" (articolo 2 Costituzione). Pur non potendosi escludere che, in relazione alla notorietà della persona, il pregiudizio possa verificarsi anche altrove è certo che il domicilio è il luogo principale nel quale gli effetti negativi, patrimoniali e non patrimoniali si verificano. Inoltre, nel caso di diversità del luogo del domicilio e di quello della residenza, il pregiudizio può verificarsi cumulativamente in entrambi i luoghi con la conseguenze facoltà dell'attore di adire sia il giudice del domicilio che quello, se diverso, della residenza".

 

 


 
 

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